La cura delle cose, apparentemente insignificanti, denota la sensibilità verso il circostante; è un atteggiamento tipico dei poeti che, da sempre, scrutano il mondo con l’occhio distaccato del sognatore. E’ uno stereotipo che, nel tuo caso, non è però perfettamente calzante poiché non sei assente, non rifiuti il mondo, non ti rifugi nelle nuvole: vedi, con una tensione quasi romantica, le cose che ci circondano e che fanno parte della nostra vita e che vengono poi accantonate, buttate in disparte rese inutili. Con noncuranza. E’ una riflessione che dalle cose parte per arrivare alla condizione umana, poiché sempre più vediamo che anche le persone vengono considerate oggetti, cose da sostituire, pezzi di ricambio generazionale, roba vecchia, numeri eliminabili. Le cose, che tu vedi come un’estensione della nostra memoria, un qualcosa di fisico che ha però un pezzo d’anima di chi le ha possedute, sono vittime della frenesia del mondo attuale, un mondo che pensa di risolvere tutto con la fretta, con un maniacale presenzialismo, con l’efficienza tecnologica e meccanica.
Per fortuna che ci sono ancora persone che hanno la nobiltà di un animo sognante e riescono a cogliere la vera sostanza delle cose e della vita.
Mi ha toccato la profonda leggerezza (come lo è la nebbia del resto, silenziosa e invadente…) di “Alzheimer”, il distacco presente nel giro in autobus con quei tagli di luce sul mare, lo sguardo veloce dalla Foce (tutte le volte che la scendo verso Massa mi si apre il cuore, è un riprendere fiato, è un riposare gli occhi, molto più di un semplice ritorno a casa, oserei parlare di un anticipo di Paradiso); il maltrattamento delle cose che abbiamo posseduto, talvolta addirittura accarezzato (un giradischi o uno strumento musicale) e che sono entrate a far parte della nostra quotidianità (un frigorifero o un televisore), che perdono “l’anima” nel momento che passano di mano perché chi le tocca, chi le usa in realtà le “abusa”, non sa cosa c’è dietro… mi ha colpito il sentiero che sale dalla Fossa Cieca (già l’evocazione del toponimo e poi questo salire strusciando il muro lo rende oggetto umano); poi, come tutte le cose che salgono, hanno un misto di voglia di starsene in disparte e di ricerca del mistico; nel senso laico di interiorità e, per chi crede, nel senso di un essenza più profonda e saziante.
Alberto Grossi
Martedì 18 Dicembre 2007
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